L’incanto sottile
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L’indagine sul lavoro en travesti (attori che recitano ruoli del sesso opposto) ci porta ancora in Oriente. Dopo Mei Lanfang dell’Opera di Pechino, passiamo a Zeami Motokiyo, maestro del teatro nō giapponese.
Il teatro nō, secondo la definizione data da René Sieffert, è un “lungo poema cantato e mimato, con accompagnamento orchestrale, generalmente interrotto da una o più danze che possono non avere rapporto alcuno con l’argomento.” (Dall’introduzione al trattato di Zeami Motokiyo “Il segreto del teatro nō”, Ed. Adelphi, Milano, 1996)
I personaggi femminili nel nō sono interpretati da uomini, i quali utilizzano una maschera di legno scolpito e dipinto. Citando ancora René Sieffert: “Questo non significa affatto che la maschera impedisca i giochi di fisionomia. Al contrario, con l’abile utilizzazione dei riflessi della luce sulla maschera, il buon attore può rendere questa ultima espressiva quanto il viso più nobile.”
Un nō comporta sempre un unico personaggio, interpretato dallo shite, “colui che fa, che agisce”, è lui che danza e canta, ed è il personaggio principale. Vi è un secondo personaggio: il waki, il “laterale”, personaggio secondario rappresentato spesso da un monaco vestito di colori spenti. Compaiono altri personaggi, i quali non hanno una vera e propria rilevanza drammatica, il loro ruolo è di rinforzare con la loro voce la parte del personaggio principale, oppure, raramente, di dargli la replica.
Zeami (1363-1444), drammaturgo, teorico di teatro e attore giapponese, è stato il principale rappresentante del teatro Nō, del quale fissa l’estetica in una serie di trattati rimasti irreperibili per cinque secoli e riscoperti solo fra il 1908 e il 1945.
Il concetto fondamentale delle teorie di Zeami è il “fiore”, ovvero il fascino meraviglioso, unico e particolare posseduto dal grande attore. Zeami distingue il “fiore transitorio”, costituito da attributi naturali: la giovinezza e il bell’aspetto; e il “fiore autentico”, conferito dalle doti tecniche non innate, ma ottenute dopo lunghi anni di studio ed allenamento.
Secondo la critica le opere di donna sono quelle più rappresentative del nō. L’opera di donna è caratterizzata dallo yūgen, dall’incanto sottile, qualità indispensabile per – citando Zeami – “lo sbocciare del fiore”. L’incanto delle opere di donna sta nella bellezza degli atteggiamenti, nella grazia della danza, lenta e quasi statica, nella dolcezza del canto.
I personaggi femminili possono rappresentare una dama dei tempi passati, eroine di storie d’amore, personaggi storici di poetesse, o personaggi letterari. Esiste un importante gruppo di personaggi femminili rappresentato dalle folli: donne diventate pazze per la perdita di un figlio o del marito, che errano miserabilmente, fino a quando non ritrovano, insieme all’essere amato, la ragione perduta.
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Fra le indicazioni che Zeami fornisce agli attori nel suo trattato:
“Siate duri nell’esercizio, evitate la vanità pretenziosa.“
“Scambiare il fiore di un momento per il fiore autentico è una disposizione di spirito che allontana ancora di più dal fiore vero.”
“La conoscenza di se stesso sarà la disposizione di spirito [caratteristica] dell’uomo che è padrone [della sua arte].”
“Uno sforzo cosciente per portare alla perfezione l’insieme del repertorio, tale sarà il seme del fiore.”
“Il fiore consiste in una disposizione della mente; il seme deve esserne il mestiere.”
“Applicandosi nella nostra via, facendo dell’arte la propria cura principale, se lo si fa senza ambizione egoista, come non raccoglierne i frutti?”
“Un modo di provocare nella mente della gente un’emozione, ecco che cos’è il fiore.”
“Conoscere il fiore delle cause e degli effetti.“
“Si definisce incanto sottile il compimento supremo. […] Il carattere fondamentale dell’incanto sottile non è nient’altro che la bellezza unita alla dolcezza. L’eleganza delle maniere costituisce l’incanto sottile del corpo umano.”
“L’incanto sottile si riconosce dall’invariabile bellezza di tutti gli aspetti visivi e di tutti gli aspetti auditivi [dell’interpretazione].”
“Il nō deve essere oggetto di studi costanti, dalla giovane età fino alla vecchiaia.”
(Zeami Motokiyo, Il segreto del teatro nō, Ed. Adelphi, Milano, 1996)
Ed ecco cosa scrive Zeami a proposito delle parti di donna:
“Nell’insieme, le parti di donna corrispondono alle capacità d’apprezzamento dei giovani attori. Sono comunque molto difficili. E prima di tutto, se l’esteriore è sgraziato, lo spettacolo non vale neanche la pena che sia visto.” (Ivi, pp. 84-85)
“Siccome la danza della donna deriva da uno stile particolarmente esaltato, in essa si manifesta la sostanza meravigliosa dell’incanto sottile. […] Badando bene a non dimenticare che la mente ne è la sostanza, che la violenza ne è bandita, farete [di questa regola] l’idea direttrice dell’interpretazione della danza. Questa è l’espressione più alta della nostra arte. Lo stile commovente che, fondendo la danza e il canto in un tutto omogeneo, giunge ad afferrare il meraviglioso, è contenuto in questo stile tutto di incanto sottile. Il tipo della donna sta all’origine dell’incanto sottile, dell’eleganza raffinata.” (Ivi, p. 214)
Anche in Zeami troviamo, come in Mai Lanfang dell’Opera di Pechino, una visione squisitamente tecnica della recitazione dei ruoli femminili. Una tecnica basata su uno studio ed un allenamento costanti. Secondo Zeami un attore anziano padrone del fiore può essere molto più abile di un attore giovane nel ruolo femminile. Ne abbiamo testimonianza anche nel teatro italiano con lo straordinario esempio di Paolo Poli.
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