Gianluca De Col Scrittura | Teatro | Formazione

En travesti n. 4 I ruoli femminili di Kazuo Ōno

Evocare e non interpretare

Kazuo Ōno

Kazuo Ōno (1906-2010), è considerato il padre del butō. Nel 1929, profondamente colpito da uno spettacolo della danzatrice soprannominata “Argentina”, inizia a studiare danza. Debutta sulle scene nel 1949. Fondamentale l’incontro con Tatsumi Hijikata, nei primi anni Cinquanta, con il quale svilupperà la danza butō. Nel 1977, a 75 anni, ottiene il successo internazionale con l’assolo en travesti “Omaggio per Argentina”, e diventa una leggenda vivente.

Il butō

Il butō è una forma di danza che nasce in Giappone alla fine degli anni ‘50 con le improvvisazioni di Tatsumi Hijikata e Kazuo Ōno, negli anni 70 assume le sembianze di un vero e proprio movimento ma resta sostanzialmente un fenomeno sconosciuto per lungo tempo, fino a quando, sull’onda dl successo riscosso all’estero, il Giappone, lo riconosce ufficialmente con il primo Festival butō di Tokyo nel 1985.

Citando Maria Pia D’Orazi: il butō rivendica la specificità culturale del Giappone passando attraverso l’esposizione di un corpo originario che annulla la divisione tra materia e spirito, forma e contenuto, significato e significante e si riduce ad un oggetto per stabilire un più profondo contatto con la terra da cui proviene. Una riconciliazione con la natura che rievoca un’antica radice panteista, partendo però dall’assimilazione dei principi della danza espressionista tedesca e adottando maestri come Artaud, Sade, Genet, Nietzsche, ovvero quegli autori che in occidente hanno fatto vacillare il mondo ordinato della ragione per sostituirlo con il caos primordiale, l’erotismo, la violenza, la solitudine, gli impulsi distruttivi.”

“Il butō rappresenta una delle esperienze più significative nella storia dello spettacolo del ventesimo secolo. Nato in una terra di confine fra danza e teatro, da una parte ha ampliato il concetto di danza, dall’altra ha offerto al teatro un mirabile esempio di attore organico, capace di modulare la sua presenza in una completa fusione di arte e vita.” (“Kazuo Ōno”, Maria Pia D’Orazi, Ed. L’Epos, Palermo 2001)

Trucco e costume hanno grande rilevanza in questa forma di danza, sono elementi espressivi fondamentali che permettono al danzatore entrare in contatto con ciò che intende evocare. Il danzatore dedica diverse ore, prima di andare in scena, e rappresenta l’inizio del rituale, che si compirà nella danza di fronte al pubblico.

“Omaggio per Argentina”

Nel 1977, dopo un lungo periodo di quasi totale assenza dalle scene, Kazuo Ōno presenta un assolo diretto da Tatsumi Hijikata: “Omaggio per Argentina” dedicato alla sua musa ispiratrice, la ballerina di flamenco Antonia Mercé, meglio nota con il soprannome di “Argentina”. Kazuo Ōno la vede nel 1929 al Teatro Imperiale di Tokyo, nello spettacolo “Baile Español e ne rimane impressionato. Darà forma a quell’esperienza cinquant’anni dopo, nel lavoro “Omaggio per Argentina”, che lo rende celebre in tutto il mondo.

“Omaggio per Argentina”

Al suono di Manon Lescaut cantata da Maria Callas, Ōno appare in abiti da donna seduto tra il pubblico della prima fila, e lentamente lascia il suo posto per salire sul palco. Impettito e spettrale, avanza verso la morte per rinascere appena dopo nell’immagine di una ragazza che corre incontro alla vita. Poi depone le vesti femminili, e ritrova se stesso da ragazzo, innamorato di Argentina.

Kazuo Ōno non rappresenta Argentina, ma come spiega lui stesso in un’intervista: “non si tratta di imitare Argentina ma di evocarla attraverso le sensazioni che lei ha fatto nascere dentro di me. In me, uomo, che evoca l’anima di una donna”. (M. Boué, “La diva Réincarnée”, in “l’Humanité”, 1986)