“Fu ferita – assemblea di quartiere”, Teatro19 – Brescia

A Brescia c’è una statua di Garibaldi che volta le spalle alla periferia. A Brescia c’è una compagnia teatrale tutta al femminile – Teatro19 – che da 10 anni lavora nel quartiere periferico di Via Milano. Negli ultimi 4 anni Teatro19 ha operato all’interno del progetto di rigenerazione urbana del Comune di Brescia, approfondendo il legame con il territorio.
Negli anni Teatro19 raccoglie storie di gioie e dolori, ferite e cicatrici. Il lungo lavoro sul territorio modifica lo sguardo ed il processo creativo della compagnia. A conclusione del lungo lavoro Teatro19 realizza una drammaturgia collettiva, che possa restituire una pluralità di voci e sguardi. Una domanda muove la compagnia: “la periferia è una ferita o una cicatrice?”. Dalla domanda nasce “Fu ferita – assemblea di quartiere”, che rivolge la domanda al pubblico senza offrire risposte.
I personaggi sono otto abitanti del quartiere, otto donne di diversa estrazione sociale. La storia è quella di un quartiere di periferia dove si insinua un piano controverso: al posto del parco sorgerà un’avveniristica struttura sede di un centro culturale all’avanguardia, il CoOL, Center of Open Languages.
Angela, una combattiva assistente sociale con il mito di Garibaldi, guida un comitato per la difesa del parco, con l’ambizione di creare una manifestazione di 1000 partecipanti, mille “garibaldini” pronti a scendere in piazza. Viene convocata un’assemblea pubblica. Il fuoco rivoluzionario si espande. L’obiettivo comune infiamma il senso civico.
Ecco il copione. Che alla prova della messa in scena viene ri-lavorato. Vengono effettuati tagli. Aggiunte sfumature. Alcuni passaggi che nella scrittura funzionano, nella messa in scena risultano deboli. Manca qualcosa. La psicologia dei personaggi non porta soluzioni. Certo, ci dimentichiamo che sono stati inseriti passaggi non realistici – quasi surreali – nella drammaturgia. Forse la soluzione è nel non-realistico.
La voce di Garibaldi. Come un’apparizione della Madonna. Garibaldi, anticlericale, non sarebbe felice di questa metafora. Usiamo dunque un vocabolario teatrale: la voce di Garibaldi diventa il “deus ex machina” che ci porta dritti al finale. Come nella tragedia greca l’apparizione della divinità risolve una situazione irrisolvibile, qui sono le parole dell’eroe dei due mondi a dare la svolta decisiva. Il conflitto trova la sua risoluzione. La domanda – “La periferia è una ferita o una cicatrice?” rimane sempre aperta.
